venerdì 25 luglio 2025

Festività a rotelle: quando in Repubblica Dominicana anche le feste fanno le valigie


In tutto il mondo civile — o presunto tale — le festività hanno una data fissa. Il 1° maggio? Festa dei Lavoratori. Il 19 marzo? San Giuseppe, Festa del Papà. E guai a chi le tocca. In Repubblica Dominicana, invece, no: qui le feste non stanno ferme. Qui le feste… si spostano.

Non si tratta di scioperi, né di improvvisi ripensamenti religiosi. È semplicemente un’abitudine, tutta caraibica e ben radicata, di "mobilitare" le festività per farle cadere strategicamente di lunedì. Così si crea un bel "fin de semana largo" — cioè un fine settimana lungo — per la gioia dei turisti, degli albergatori e di chi può permettersi una gita fuori porta. Gli altri? Al lavoro, con il sorriso (più o meno).

Prendiamo il 1° maggio, ad esempio. In Italia, in Francia, in Argentina e in buona parte del mondo, quel giorno è sacro: bandiere rosse, concertoni, manifestazioni, grigliate. Qui no. Qui il 1° maggio è un giorno come un altro: ci si alza, si va in ufficio, si timbra il cartellino. La Festa dei Lavoratori, paradossalmente, si lavora. Poi, qualche giorno dopo, ecco la magia: la festa arriva, vestita di lunedì, e tutti al mare come se nulla fosse.

Anche la Festa della Mamma cambia look: invece della seconda domenica di maggio (come da tradizione mondiale), qui viene celebrata l’ultima domenica del mese. Forse per dare tempo ai figli ritardatari di organizzarsi? Un colpo di genio.

Ma il capolavoro assoluto è la Festa del Papà. In quasi tutto il mondo si celebra il 19 marzo, ma non in Repubblica Dominicana. Qui, i papà vengono festeggiati l’ultima domenica di luglio. Quest’anno, proprio dopodomani. Un ottimo pretesto per una grigliata in più, magari con qualche birra fresca e un po’ di bachata in sottofondo. San Giuseppe capirà.

La logica? Turistica, certo. Economica, ovvio. Ma anche poetica, se vogliamo: in fondo, che male c’è a spostare una festa se questo aiuta a goderla meglio? In un mondo che corre troppo in fretta, forse è giusto rallentare. E magari farlo il lunedì.

Morale della favola?
In Repubblica Dominicana anche le feste hanno il passaporto, e non esitano a fare le valigie per regalarti un lungo weekend di sole, sabbia e sancocho.

E allora buon fine settimana lungo a tutti… e auguri, papà! Anche se in ritardo. O in anticipo. O boh.

Pizza, pasta e prediabete: come sopravvivere da Italo-Dominicani tra nostalgia italiana e fast food caraibico


Per noi italiani, la pizza non è solo un piatto: è un simbolo. È domenica in famiglia, è amicizia, è casa. E lo stesso vale per la pasta, per il pane, per quel modo tutto nostro di stare a tavola. Ma cosa succede quando arriva una diagnosi che stravolge tutto questo?

Quando ti dicono che hai il diabete, o sei in prediabete, la prima reazione è panico: “Addio pasta? Addio pizza? Addio Italia?”

No, non è una condanna a morte. Ma è un brusco risveglio. Serve cambiare mentalità, e tornare a mangiare davvero come italiani. Non come abbiamo fatto negli ultimi decenni, tra esagerazioni, porzioni enormi e cibo industriale.

Il problema non è la pasta, è l’abuso

La vera dieta mediterranea — quella contadina — non era un trionfo di carboidrati raffinati. Era fatta di equilibrio: pane integrale, legumi, verdure, olio extravergine, pesce, un po’ di vino e movimento.
Oggi, invece, spesso la nostra “italianità alimentare” si riduce a pasta bianca, pizza surgelata e dolci confezionati. E il nostro corpo, sotto sotto, si ribella.

La pizza: patrimonio o pericolo?

Prendiamo proprio lei, la pizza. Nata a Napoli, cresciuta col pomodoro americano e la fantasia del popolo, diventata mito con la regina Margherita nel 1889. Un piatto povero, ma perfetto.

Oggi è riconosciuta come patrimonio dell’umanità. Ma c’è pizza e pizza.

Una pizza artigianale, fatta con farina buona, lievitazione lunga, pochi ingredienti freschi, è un pasto completo e bilanciato, anche per chi ha il diabete.
Una pizza industriale — con croste ripiene, salse dolci, cheddar, bacon e ananas — è una bomba glicemica travestita da cena.

E nella Repubblica Dominicana? Una sfida culturale

Per gli italiani che vivono nella Repubblica Dominicana, la pizza è anche una battaglia identitaria.
Esistono ottimi pizzaioli italiani nel Paese — da Las Terrenas a Santo Domingo — che preparano pizze autentiche, con ingredienti di qualità. Ma la concorrenza è spietata: Pizza Hut, Domino’s, Papa John’s sono ovunque. Prezzi bassi, croste imbottite, salsine zuccherate. E un gusto pensato per palati locali, spesso poco abituati alla delicatezza della cucina mediterranea.

Il problema? Queste pizze non solo offendono il buon gusto, ma fanno male. Sono piene di grassi trans, zuccheri, additivi. Per un diabetico o prediabetico, rappresentano un pericolo concreto.

Cosa fare per non morire (né di fame né di nostalgia)?

  • Scegli pizza vera, da italiani veri. Una Margherita ben fatta vale più di una “extracheese” con sei condimenti.

  • Riduci le porzioni, ma non il piacere. Meglio mezza pizza buona che una intera finta.

  • Accompagna sempre con verdure o una passeggiata dopo pasto.

  • Riscopri la dieta mediterranea autentica: legumi, verdure, pesce, olio buono.

  • Evita zuccheri nascosti (bibite, succhi, salse pronte).

  • E ricordati: la qualità non si misura in chili né in calorie, ma in sapore, semplicità e salute.

Morale? Non rinunciare alla pizza. Difendila.

Il diabete non è la fine del piacere di mangiare italiano. È un invito a mangiare meglio, con più coscienza e più orgoglio.

E se vivi all’estero, come tanti di noi, non vergognarti di spiegare che la pizza vera non ha ketchup. Ha storia, ha sapore, ha anima.

Chi ha inventato la pizza? Viaggio alle origini del piatto italiano più famoso nel mondo


La pizza. Croccante o morbida, alta o sottile, semplice o farcita. È il simbolo della cucina italiana nel mondo, un orgoglio nazionale che unisce Napoli a Buenos Aires, Roma a New York, Palermo a Toronto. Ma chi l’ha davvero inventata?

Dalle focacce antiche alla pizza moderna

La verità è che l'idea di cuocere un impasto di farina e acqua su pietra calda è antichissima. Già Egizi, Greci e Romani preparavano focacce schiacciate con erbe e olio. Ma parlare di "pizza" come la intendiamo oggi è un’altra storia.

Il termine “pizza” compare per la prima volta in un documento latino del 997, a Gaeta, nel Lazio. Ma era una sorta di focaccia rustica, niente a che vedere con la pizza odierna. Fu a Napoli, nel XVIII secolo, che nacque qualcosa di più simile: una pasta lievitata, cotta nel forno a legna e condita con ingredienti semplici, come aglio, strutto, basilico e caciocavallo.

Il pomodoro cambia tutto

Il vero colpo di scena arrivò nel Seicento, quando il pomodoro — giunto dalle Americhe — iniziò a essere usato in cucina. I napoletani poveri cominciarono a condire le focacce con pomodoro e a venderle per strada. Così nacque la pizza rossa, che divenne presto popolare tra il popolo partenopeo.

La regina Margherita e il mito dell’invenzione

La leggenda più famosa risale al 1889. Il pizzaiolo Raffaele Esposito, della pizzeria Brandi di Napoli, avrebbe preparato tre pizze in onore della regina Margherita di Savoia in visita a Napoli. Una di queste — con pomodoro, mozzarella e basilico — avrebbe richiamato i colori della bandiera italiana. La regina l’avrebbe apprezzata tanto da far inviare una lettera di ringraziamento. Nacque così la pizza Margherita, e con essa il mito dell'invenzione ufficiale della pizza moderna.

Dalla Campania al mondo

Nel Novecento, con l’emigrazione italiana, la pizza varcò l’oceano. Gli italiani all’estero — specie negli Stati Uniti e in Sud America — aprirono pizzerie ovunque, portando con sé il gusto di casa. Negli anni, la pizza si è trasformata, adattandosi ai gusti locali: quella napoletana resta un’icona, ma sono nate la pizza romana, quella al taglio, la “deep dish” di Chicago, la “fugazzeta” argentina…

Patrimonio dell’Umanità

Nel 2017, l’arte del pizzaiuolo napoletano è stata riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Non solo per la bontà del piatto, ma per il valore culturale, artigianale e sociale che rappresenta.


Insomma, la pizza non l’ha inventata un solo uomo, ma un intero popolo. Un’evoluzione secolare che parte dalle strade di Napoli per conquistare il pianeta. E ovunque si trovi, ogni italiano sa che una fetta di pizza è un morso di casa.


Fammi sapere se vuoi un paragrafo finale che inviti gli italiani all’estero a raccontare la loro pizza preferita o la pizzeria del cuore nel mondo. Potrebbe essere una rubrica coinvolgente.

giovedì 24 luglio 2025

Le buone ricette italiane dello chef Alex Ziccarelli: le orecchiette con le cime di rapa

Nell’ampio panorama culinario italiano ogni regione ha i suoi piatti tradizionali che raccontano la storia e le radici gastronomiche di quella terra. 

Un esempio assai calzante e, allo stesso tempo,  straordinario sono, senza dubbio, le orecchiette con le cime di rapa, uno dei più autentici simboli della tradizione culinaria del Sud Italia, sicuramente una delle eccellenze della cucina tradizionale pugliese, un piatto che richiede maestria e dedizione per raggiungere la perfezione ma che, con un pò di impegno, si può fare anche a casa. 

Ecco gli ingredienti per 4 persone: 400 gr. di orecchiette, 1 kg. di cime di rapa, 4 filetti di acciughe, 4-5 cucchiai di olio extra vergine di oliva, peperoncino q.b.,  aglio q.b., sale q.b. 

Preparazione: pulite le cime di rapa, selezionando le foglie migliori e più tenere ed eliminando le parti più dure, quindi tagliate sia le foglie che le cimette a pezzi prima di immergerle nell’acqua di cottura. Fate bollire l’acqua opportunamente salata in una pentola molto ampia, in modo che possa contenere non solo le cime di rapa ma anche le orecchiette. 

Versare inizialmente solo le rape per farle ammorbidire, mentre le cimette possono essere aggiunte in ultimo poiché richiedono meno tempo di cottura. Quando l’acqua ricomincia a bollire (e quindi dopo circa 3-5 minuti di cottura della verdura), versate nella pentola anche le orecchiette. Devono cuocere insieme affinché la pasta assorba tutti i sapori delle cime di rapa. 

Le orecchiette saranno pronte in circa 8-10 minuti. Nel frattempo, in un’altra padella preparate un soffritto con dell’olio extravergine d’oliva, l’aglio e le acciughe e poi aggiungete del  peperoncino quanto basta, a vostro piacimento. 

Quando la pasta sarà al dente, trasferitela nella padella del condimento insieme alle cime di rapa e fate saltare il tutto per alcuni minuti per insaporire al meglio le orecchiette. E, come sempre, buon appetito.


A cura di Alex Ziccarelli

 
 

 

 

mercoledì 23 luglio 2025

Perché è importante iscriversi all’AIRE se vivi all’estero?

 

Infografica sui vantaggi dell’iscrizione all’AIRE per cittadini italiani all’estero

Se sei un cittadino italiano che vive all’estero da più di 12 mesi, devi sapere che l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) non è facoltativa, ma obbligatoria per legge e si rischiano sanzioni.

Ma non è solo una questione burocratica: iscriversi all’AIRE ti permette di accedere a diversi servizi fondamentali presso i consolati del Paese in cui sei registrato.

✅ A cosa serve l’AIRE?

  • Per rinnovare il passaporto

  • Per votare alle elezioni politiche e ai COMITES

  • Per richiedere il Codice Fiscale e/o la Carta d’Identità Elettronica (CIE)

🔴 Attenzione: potrai richiedere questi servizi solo nel consolato del Paese in cui sei iscritto.
Esempio: se sei iscritto all’AIRE negli USA ma vivi in Canada, non potrai ottenere servizi consolari dai consolati canadesi finché non aggiorni la tua residenza.

📲 L’iscrizione si può fare comodamente online tramite il portale FAST IT, in modo semplice, gratuito e veloce.

Pensionati INPS. In agosto saranno pagati tramite Citibank

Dal Comites Santo Domingo.

Condividiamo le ultime informazioni fornite dal Patronato Encal-Cisal Santo Domingo , in merito al tema inerente l'erogazione delle pensioni del mese di luglio c.a.: 

CHI NON HA RISCOSSO TRAMITE WESTERN UNION PRIMA DEL 15 LUGLIO RICEVERA' IL PAGAMENTO, VIA BANCA, IN QUESTI GIORNI. DA AGOSTO TUTTO RITORNA NORMALE.

Di seguito il messaggio INPS:

Gentili signori,

 Facendo seguito alla precorsa corrispondenza si comunica che, per ridurre ulteriormente i disagi causati agli interessati, Citibank ha rappresentato di aver eseguito i pagamenti della rata di luglio, a beneficio dei 101 pensionati residenti nella Repubblica dominicana che non avevano riscosso a Western Union, con valuta di pagamento nel corrente mese di luglio.

Si conferma che la mensilità di agosto sarà pagata da Citibank con le consuete modalità (accredito diretto su conto bancario).

Cordiali saluti.               

Daniela Stella

Direzione Centrale Pensioni

Responsabile Team Rapporti con Patronati e Organismi Internazionali

Novitalia, ultimo romanzo di Ennio Marchetti, la patria degli italiani a cui la nuova legge nega la cittadinanza

 


“Novitalia” di Ennio Marchetti, scrittore italiano che da 26 anni vive nella Repubblica Dominicana, è molto più di un romanzo: è un atto d’amore verso l’identità italiana, un’esplorazione affettuosamente ironica del concetto di appartenenza, una saga famigliare che si trasforma, pagina dopo pagina, in un’utopia possibile.

Ambientato in tre isole sperdute del Pacifico, il romanzo segue per oltre un secolo le vicende della famiglia Ferraris, discendente di emigranti piemontesi partiti nel 1906 alla ricerca di fortuna. Quello che inizia come un semplice insediamento isolato si trasforma, attraverso generazioni di commercianti, musicisti, latin lover e idealisti, in una piccola nazione chiamata Novitalia, fondata non su guerre o rivoluzioni, ma su tradizioni tramandate, ostinazione culturale, cucina piemontese e una lingua che resiste ai tropici.

Il lettore attraversa l’epopea dei Ferraris, da Giovanni, il capostipite accolto con curiosità dal re dell’isola di Singa Mai, fino a Giuliano, il giovane presidente che nel 2025, di fronte alla negazione della cittadinanza italiana, proclama la nascita di uno Stato che non ha bisogno di riconoscimenti internazionali per sentirsi profondamente italiano.

Con uno stile che richiama i grandi romanzi sudamericani – da Jorge Amado a Gabriel García Márquez – Marchetti costruisce un mondo in cui l’assurdo si mescola al quotidiano, il comico al tragico, la nostalgia al desiderio di giustizia. Novitalia è la patria di chi si sente italiano anche quando le leggi non lo riconoscono, un rifugio simbolico per gli esclusi dalle burocrazie, ma non dalla storia.

Tra canzoni popolari, passaggi alla radio e cartelli all’ingresso delle isole che recitano “Se non siete italiani, non sbarcate”, il romanzo racconta con tenerezza e ironia l’ostinazione identitaria di chi non vuole dimenticare da dove viene.

Una lettura godibile, brillante, che fa sorridere e riflettere. Novitalia non è solo una nazione immaginaria: è una metafora potente del bisogno di sentirsi parte di qualcosa, anche quando il mondo ti volta le spalle. E in tempi di identità fragili e cittadinanze precarie, questa piccola repubblica delle emozioni ha molto da dire.

Puoi acquistare Novitalia, 416 pagine a 21 dollari cliccando qui:

https://www.lulu.com/shop/ennio-marchetti/novitalia/paperback/product-m2yynm5.html?q=NOVITALIA+Ennio+Marchetti&page=1&pageSize=4